Rilanciamo le argomentazioni espresse (in maniera molto analitica e precisa) da Luca Pozzoni in un commento ad un post di CantiereUrbanFile sulla incidentalità ciclistica pubblicato 4 giorni fa su Facebook.
Ribadiscono un aspetto che anche a noi sta a cuore (ne abbiamo accennato nel nostro post “i tempi delle città” del 12 febbraio di quest’anno): un corretto dibattito sulla mobilità a Milano si può e si deve condurre in considerazione dell’intera area metropolitana.
Per “assumersi la responsabilità di scelte realmente incisive e coraggiose” occorre partire da un elemento oggettivo: l’inadeguatezza del tpl di Milano. E prima ancora, smetterla di identificare Milano con la modesta estensione del territorio municipale. Sarebbe come identificare Parigi con il Comune di Parigi, 2,2 milioni di residenti, esteso quanto quello di Milano senza tre dei quattro Municipi più estesi, 7, 8 e 9. L’unité urbaine de Paris, 412 Comuni, 2.845 kmq, 10,7 milioni di abitanti, è “Parigi”. Così come Milano, per chi studia le grandi aree urbane del pianeta, è un agglomerato molto più vasto e popoloso del comune capoluogo, che qui gli amministratori pubblici, a livello sia locale sia nazionale, pretendono quasi unanimemente di poter continuare a ignorare, soprattutto quando in ballo ci sono le esigenze di mobilità di milioni di milanesi e milanesi di fatto.
L’area metropolitana milanese, ancora più vasta e popolosa, per numero di abitanti è la terza dell’Europa occidentale dopo quelle di Londra e di Parigi. Ne fanno parte 10 province lombarde su 12: Milano è, di fatto, una regione, la Lombardia è, di fatto, una città, nella quale, ogni giorno, gli abitanti compiono 15 milioni di spostamenti, in massima parte utilizzando il mezzo privato. Non per pigrizia, ma per necessità, perché il tpl della città-regione è eufemisticamente definibile come inadeguato.
Secondo uno studio di Trenord, di quei 15 milioni di spostamenti quotidiani, in gran parte concentrati nell’area urbana milanese, cioè nel nucleo più densamente popolato della città-regione, ovvero l’area urbana di cui sopra, nella quale risiede più di metà della popolazione regionale, la rete ferroviaria (suburbani e regionali) potrebbe ambire a intercettarne circa 6 milioni: la rete però, con linee ben oltre i livelli di saturazione, prima del covid offriva un servizio, spesso indecente, a 820.000 passeggeri/giorno. Un numero considerevole, nel contesto nazionale, visto che è superiore alla somma dei passeggeri delle reti ferroviarie di Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana (dati Pendolaria), ma nemmeno lontanamente paragonabile alle performance delle reti delle altre due grandi aree metropolitane europee.
Lo Stato ha finalmente deciso di mettere mano al portafoglio (alimentato ogni anno da più di 50 miliardi di euro di surplus fiscale raccolto in Lombardia), dedicando alla rete ferroviaria lombarda quasi 30 miliardi di euro (14,6 mld Rfi, entro il 2025, 14 mld Fs, entro il 2031) per opere attese da svariati lustri. Siccome però la domanda nel prossimo decennio è prevista in crescita (https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/trenord-1.8305207), se tutto va bene la percentuale del bacino effettivamente raccolta dalla rete ferroviaria lombarda resterà al 12% (NB non dei complessivi 15 milioni di spostamenti giornalieri, ma di quelli potenzialmente interessati dal servizio ferroviario, che sono e resteranno meno della metà).
All’interno del Comune di Milano, cioè in quella che altrove sarebbe considerata la “City”, e non un’entità avulsa dal contesto urbano e metropolitano, è assai diffusa una leggenda metropolitana, secondo la quale Milano sarebbe “ben servita” dal trasporto pubblico. Ebbene, Milano è tale solo se si ignora il fatto che un milione di auto sono quasi tutte quotidianamente indispensabili per le esigenze di mobilità di milanesi e milanesi di fatto.
Presumere di “ridurre fisicamente il numero di auto circolanti in città, disincentivandone l’uso con tutti gli strumenti tariffari disponibili” è un’affermazione inconsistente, perché valide alternative all’uso dell’auto non sono al momento disponibili. Bisognerebbe prima aumentare sensibilmente la capacità delle reti, nell’ordine di centinaia di milioni di passeggeri/anno, sia nella prospettiva dell’efficientamento delle linee ferroviarie in corso, sia nell’ottica straordinariamente ambiziosa dell’attuale giunta municipale, che punta ad azzerare le auto in circolazione per il 2050.
Senza un vertiginoso upgrade delle reti, a cominciare da quelle MRT, a livello urbano, suburbano e metropolitano, cioè una cura del ferro da decine di miliardi di euro, che consenta di ridurre l’increscioso gap infrastrutturale della “Grande Milano”, rimarranno inalterate le grandi questioni sul tappeto, che troppi si ostinano a spazzare sotto, ignorando i costi umani, ambientali ed economici imposti alla principale area produttiva del Paese, anche, credo sia utile e doveroso ribadirlo, in termini fiscali.