Il traffico, il solito sciopero dei mezzi pubblici, la confusione nelle zone tradizionalmente legate all’evento, gli “aperitivi” esageratamente affollati, le serate “imperdibili”, gli show-room accessibili ai soli vip, i troppi architetti, i troppi designer, i troppi creativi.
Eppure amo il Salone del Mobile.
In particolare amo il Fuorisalone.
Amo la creatività che di anno in anno conquista nuovi quartieri milanesi.
Amo le lingue diverse parlate per la strada che fanno respirare l’internazionalità di una città che in quest’occasione rivendica ancora un ruolo determinante nell’ambito del design.
Amo farmi sorprendere.
E quest’anno a sorprendermi è stato uno spettacolo, intitolato “Il coraggio del proprio tempo”, organizzato dalla Fondazione Albini nella cornice del Palazzo della Triennale.
Enrico Ballardini, accompagnato dalla musica di Alessandro Nidi, recita, canta, racconta per poco più di un’ora, regalando e alternando momenti leggeri e altri più intensi.
Si narra di un periodo storico dal 1930 al 1945, di Milano, di Casabella, del razionalismo, del Movimento Moderno, di regime, di illusioni, di promesse mancate, della lotta per la libertà di pensiero.
Uno dei passaggi più commoventi è il racconto della prigionia di Giuseppe Pagano.
Ma soprattutto si racconta del ruolo sociale degli architetti e dell’architettura.
Un concetto appreso durante gli studi universitari che dopo tanti anni di professione tendeva a sbiadirsi.
Grazie a Paola Albini (testo e regia dello spettacolo) per avermelo fatto ricordare.