Mi hanno chiesto, qualche tempo fa, qual è il cliente tipo dell’architetto.
Di conseguenza ho fatto una riflessione, che riporto.
1- il disinteressato
Ambitissimo dagli architetti è il cliente che ti consegna le chiavi di casa e ti dà carta bianca.
Più che altro è un sogno.
La possibilità di affermare tutta la propria idea di architettura maturata negli anni senza limitazioni o compromessi.
Certo, è praticamente un monologo, ma gratifica l’autostima in maniera esagerata (ogni architetto ne avrebbe bisogno almeno una volta nella vita).
È l’affermazione del primato dell’architettura, che svolge un tema che si spinge oltre l’uso del manufatto che produce.
Ricordo l’aneddoto su Frank Lloyd Wright che, quando una sua cliente lo chiamò inviperita dicendo: «Architetto, sono qui, seduta a tavola nella villa che lei mi ha appena progettato e mi piove in testa. Mi dica un po’ lei che cosa devo fare!», rispose: «Signora mia, sposti la sedia».
2- l’insicuro
Pericolosissimo
È colui che ha una sua idea di casa ma ha paura a descriverla, a raccontarla, teme le critiche.
Quindi, in generale, non è interessato alla visione dell’architetto ma cerca conferme delle sue idee in modo indiretto, perseguendone il plauso poco a poco.
Se l’architetto è troppo deciso o se, peggio, confonde il cliente “insicuro” con il cliente “disinteressato”, rischia di trovarsi obbligato a smontare la casa anche se già finita o, ancora peggio, dover inserire elementi incoerenti in un ambito studiato nel dettaglio: un vero disastro.
3- il partecipe
È l’ideale
Non è facilissimo da incontrare ma non è raro come il “disinteressato”.
Ha una sua idea, un suo gusto e soprattutto, chiari, i risultati che vuole perseguire.
Nel contempo è aperto alle proposte, ascolta e si entusiasma.
Se si crea il giusto feeling tra lui e l’architetto, ciò che nasce può essere una perfetta e coerente fusione di estetica e funzionalità; un abito su misura tagliato sul cliente.
Di lui, l’architetto può innamorarsi.
La speranza è sempre che, un cliente così, possegga molte case.
4- l’esperto
Meglio arrendersi, assecondare.
Inutile dibattersi come un pesce nella rete e attraversare le fasi del disappunto, frustrazione fino alla rassegnazione.
Vano dispendio di energie.
Egli ha navigato in internet, girovagato per tutti gli show-room della città, svaligiato l’edicola sotto casa comprando tutte le riviste di architettura possibili, parlato ossessivamente per settimane con altri architetti, ingegneri, geometri, muratori, condensando le nozioni più diverse in un suo pensiero organico che potrebbe valergli una laurea honoris causa (se solo lo volesse).
In più ha gusto, lo ha sempre avuto.
Praticamente è un collega; ma dal momento che è più “a contatto” con il cliente di te, lui è vincente.
Quindi, se il reddito dell’architetto non permette la fuga, la parola d’ordine è “resistere, resistere, resistere” e cercare di evitare gli errori/orrori più grossi.
Anche perché, alla fine, i meriti saranno suoi mentre alle critiche “l’esperto” risponderà
«Si, lo so, questo non è venuto bene, ma ho dovuto fare una concessione all’architetto ».