Qualche sera fa ho partecipato ad un evento privato organizzato presso la piscina Caimi, via Botta 18 in Milano, ora ribattezzata in maniera teatrale “bagni misteriosi”.
In realtà di misterioso non c’è nulla se non i 10 anni di abbandono di una struttura che rappresenta un vero pezzo di storia della città.
Ero venuto a conoscenza della storia della Caimi in occasione della bellissima mostra (non abbastanza pubblicizzata) “Milano città d’acqua” all’inizio del 2016.
Inaugurata il 16 luglio 1939 nel popoloso quartiere di Porta Romana, la piscina Caimi faceva parte di un progetto promosso dal regime fascista di dotare ogni zona della città di una grande vasca all’aperto.
Verso la metà degli anni ’30 erano mutate le ragioni che sovrintendevano alla costruzione di piscine all’aperto.
Rispetto ai bagni di fine 800 o alle vasche dei primi decenni del secolo, costruiti per ragioni primariamente igieniche, questo impianto subordinava la valenza igienica a una ragione più forte: la possibilità di fare attività fisica e allo stesso tempo di offrire alla classe meno agiata, che non poteva permettersi “il lusso vacanziero di sciamare verso le marine, la possibilità di rinfrescarsi nelle assolate giornate estive”.
Forse la maniera migliore di vedere questo luogo non è quella di sfidare le code e il caldo domenicale in cerca del refrigerio dell’acqua.
Però una visita serale, magari con la scusa di un aperitivo, potrebbe rappresentare l’occasione e l’atmosfera più giusta.