Nel 2010 lessi una intervista di William Mitchell, architetto e urbanista che, a partire dai primi anni 2000, svolse una ricerca sulle Smart cities presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge.
Si parlava della capacità delle città di rimanere costantemente in equilibrio con le risorse, dell’obsolescenza delle automobili, della necessità di coinvolgere la società in un cambio comportamentale, della reinvenzione dei sistemi di mobilità.
Ne rimasi colpito.
Negli anni ho trattato con maggior approfondimento gli aspetti energetici degli edifici piuttosto che la mobilità urbana, ma ho continuato a seguire la materia in funzione di quella complessità che investe il concetto di Smart cities.
Per questo ho accolto con favore l’invito a partecipare alla tavola rotonda sulla Mobilità alternativa organizzata presso la sede milanese dello studio Latham & Watkins, il 19 febbraio di quest’anno.
Erano presenti studiosi del settore, amministratori pubblici, produttori di componenti e/o mezzi legati alla mobilità, esperti di sviluppo urbano, progettisti.
È stata l’occasione per fare un punto sulla situazione del trasporto pubblico e privato e sul futuro delle nostre città.
I temi discussi, pur considerando i grandi mutamenti che hanno investito le nostre città, sono analoghi a quelli di 10 anni fa:
- Il problema culturale ed il ruolo delle amministrazione pubbliche che, per prime, devono innescare comportamenti virtuosi in funzione di una mobilità intelligente;
- La necessità di lavorare su più livelli, ovvero affiancare al trasporto pubblico (elettrico, con guida autonoma, ecc.) modalità evolute di trasporto privato (bike sharing, car sharing, car pooling, ecc.);
- La rivoluzione che potrà essere apportata dalle tecnologie di connessione, raccolta e rielaborazione dati e dalle piattaforme applicative per la gestione intelligente dell’interazione fra i vari sistemi.